GRETA REDAELLI (diploma anno 2011-2012)
Quale università e quale corso di laurea hai frequentato?
Ho frequentato il corso triennale di Lettere (curriculum moderno) e il corso magistrale di Italianistica (curriculum filologico-linguistico) dell’Università di Pisa; parallelamente ho seguito il corso ordinario quinquennale della Classe di Lettere presso la Scuola Normale Superiore della stessa città.
Discuterò la laurea magistrale tra pochi giorni (novembre 2018).
Durante gli anni universitari ho portato a termine il percorso di istruzione musicale iniziato presso il Conservatorio di Milano, diplomandomi in Arpa lo scorso febbraio.
Quale sogno per il tuo futuro ti ha spinto a questa scelta? Ti sei confrontata anche con la realtà del mondo del lavoro o della ricerca?
Credo mi abbia guidata nella scelta universitaria soprattutto il desiderio di una formazione umanistica approfondita e accurata. Mi sono confrontata da vicino con il mondo della ricerca grazie ai diversi lavori di studio e ai seminari svolti presso la Scuola Normale; con il mondo del lavoro legato al mio specifico settore di studi (e alla didattica in particolare), invece, solo in modo tangenziale e saltuario.
Sono entrata in contatto con il mondo del lavoro in termini “generali”, tuttavia, sin dai primi anni dell’università, lavorando nel settore degli eventi.
Quale ruolo ha giocato nella tua scelta e nel tuo cammino l’esperienza al Liceo San Raffaele?
Il liceo ha indubbiamente giocato un ruolo decisivo nella scelta del mio successivo percorso, avendo costituito un momento chiave della mia formazione culturale e della mia crescita personale. Mi ha orientata negli interessi e mi ha fornito competenze cognitive e individuali assolutamente indispensabili per affrontare il carico delle successive richieste formative del percorso che ho intrapreso.
Qual è l’eredità più forte che ti ha lasciato il San Raffaele? Quale il ricordo più bello?
Nel corso degli anni universitari mi sono resa conto di avere avuto in dono dall’esperienza liceale forti elementi di sostegno. Non mi riferisco solo a basi metodologiche solide, a una validissima preparazione e a una specifica forma mentis di cui il liceo mi ha certo comunque equipaggiata e per le quali sono tutt’oggi grata; credo si tratti soprattutto di un profondo “affetto”, nato dal confronto quotidiano con esempi concreti di un determinato modo di vivere l’insegnamento e di pensare l’apprendimento e la formazione, dello studente e della persona congiuntamente. Si è rivelata una risorsa spontanea estremamente produttiva, mi ha offerto ragioni adeguate per perseverare nell’impegno e nella costanza anche nei momenti più critici e soprattutto per viverli con serenità, semplicità e bellezza.
Tra i tanti ricordi belli che mi restano del liceo non saprei proprio scegliere. Credo valga la pena, però, ricordare come durante una gita a Firenze una professoressa piuttosto in là con gli anni (sia detto con tutto il rispetto e l’affetto) accettò, contro qualsiasi aspettativa, un passaggio in motorino da una nostra compagna di classe, suscitando un’unanime e generale ovazione. Può sembrare una memoria davvero poco significativa, ma – l’ho capito solo ripensandoci molti anni dopo – altro non è stato che un bellissimo (e coraggiosamente sfrontato!) esempio di cosa significhi voler davvero integrarsi e “fare squadra” con i propri studenti, al di là di qualsiasi barriera generazionale o di altro tipo.
Che cosa ti sentiresti di dire ai tuoi “colleghi” più giovani, che si trovano ora sui banchi del liceo?
Mi sentirei di consigliare loro di vivere il più possibile questi anni come un momento di esplorazione e di conoscenza globale, di dare fondo a tutto il loro impegno, il loro entusiasmo e i loro desideri nel vivere la realtà scolastica ogni giorno. Mi permetterei di suggerire loro di confrontarsi con i docenti anche in merito al loro personale percorso, presente e futuro, e di fare vero tesoro di questi anni di formazione per acquisire strumenti critici capaci di guidarli “nel mondo” anche una volta fuori dal liceo.